Morbillo e personale sanitario – Riflessioni fuori dal coro

Data:
3 Settembre 2017

Utilizziamo un articolo del giornalista Guglielmo Pepe sotto riportato per riflettere sulle conseguenze dell’aumentare della diffusione dei casi di morbillo tra il personale sanitario. In effetti, i casi puntualmente riportati dai mass media avvenuti a Senigalli e a Pisa dei casi di morbillo che hanno impegnato le locali autorità sanitarie a laboriose indagini, si presume non esenti da costi, per rintracciare tutte le persone venute a contatto con i due sanitari per individuare tra di loro i possibili contagiati, fanno riflettere sui pericoli, a nostro modesto avviso,  di una possibile denuncia per epidemia colposa.

Tutti ricorderanno l’episodio di scabbia norvegese, nel qual caso con pericolo di contagio solo per stretto contatto tra pelle e pelle tra due persone, avvenuto nel presidio ospedaliero S.M. Goretti di Latina per il quale si è ipotizzato il reato di epidemia colposa.

Scabbia contagiosa, cinque medici a processo per l’epidemia al Goretti

https://www.ordinemedicilatina.it/scabbia-contagiosa-cinque-medici-a-processo-per-lepidemia-al-goretti/

Ma nel caso del morbillo di tratterebbe non di un ritardo nella diagnosi ma di un evento prevedivile.

E se un cittadino, obbligato ad una permanenza in ambiente ospedaliero e contagiato da personale sanitario colpito da morbillo, malattia infettiva altamente contagiosa, presentasse serie complicanze, potrebbe essere in questo caso ipotizzato un reato per avere omesso interventi di prevenzione del rischio? E se così fosse, a chi addebitare un eventuale risarcimento per i danni subiti oppure chi dovrà rispondere per le spese derivate dalle indagini, presumibilmente ad alto costo, per la ricerca delle numerose persone venute a contatto e  quindi a rischio di contagio per via aerea, tramite starnuti, saliva e colpi di tosse, indagini che si sarebbero potute evitare se il sanitario si fosse sottoposto in tempo a vaccinazione?

Il Presidente

Giovanni Maria Righetti

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Quando un caso di malattia mostra i limiti della legge

Il caso dell’ostetrica del reparto di Ginecologia nell’ospedale di Senigallia, malata appunto di morbillo perché non vaccinata, è solo uno dei tanti che riguardano il personale medico-sanitario, che costituiscono circa un quarto degli oltre quattromila casi – indicati dall’Istituto superiore di Sanità, senza alcuna possibilità di verifica “esterna” – di colpiti dalla malattia. Però sugli adulti non vaccinati i segnali si sono moltiplicati negli ultimi tempi, senza che nessuno – il ministero in primo luogo – se ne sia fatto carico. A luglio tre giocatori della nostra nazionale di Pallanuoto sono stati esclusi dalla convocazione ai mondiali di nuoto; subito dopo sono stati denunciati altri casi in due hotel di Vietri sul mare. Ma questi sono solo quelli che conosciamo, perché se l’età media delle persone infettate è 27 anni, vuol dire che gli adulti con il morbillo sono abbastanza numerosi, anche se l’incidenza della malattia riguarda soprattutto i bambini piccoli.

Insieme a quei pochi altri che hanno criticato il decreto, ho scritto chissà quante volte che se si voleva intervenire seriamente sul morbillo, era necessario coinvolgere nelle vaccinazioni d’obbligo anche gli adulti. Perché se il rischio di essere contagiati tra gli immunodepressi è alto, qualcuno dovrebbe spiegare le ragioni dell’esclusione del personale degli asili. E negli ospedali? Come si fa a non pensare agli infermieri e ai medici, che sono esposti a rischio epidemico, oppure sono potenzialmente “untori”?

Vedremo cosa accadrà. Tuttavia se si accetta la teoria che ad un certo livello di diffusione della malattia, il morbillo rappresenti un pericolo di massa, è da ipocriti circoscrivere un intervento sanitario ai bimbi e ai teenager. Ma la legge Lorenzin  – approvata anche ricorrendo ad un voto di fiducia, inusuale per la Sanità pubblica – è appunto un “frullato” nel quale si sono mescolate buone intenzioni, ipocrisie e falsità (usate per convincere l’opinione pubblica). Per renderla più efficace dal punto di vita della sanità, e più “digeribile” – se non altro a quelle migliaia e migliaia di famiglie dubbiose e riottose, eppure criminalizzate dalla volgarità della comunicazione di massa pilotata verso un’unica direzione – bisognerebbe quanto meno mettere riparo gli errori commessi. Primo fra tutti, quello evidenziato dal caso di Senigallia.

guglielmpepe@gmail.com

@pepe_guglielmo (twitter)

 

 

Ultimo aggiornamento

23 Settembre 2017, 13:11

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