Tra contratti di specialità e triennio Mg novecento borse di studio perse in due anni. Ecco i numeri (da Doctor 33 del 15 marzo 2019)

Data:
18 Marzo 2019

Una ogni 10-20 specialisti e una ogni cinque medici di famiglia: sono 912 le borse di specializzazione andate perse negli ultimi due anni di concorsi, e più in particolare tra il 2017 e 2018 si sono perse circa 200 borse per la medicina generale, e più di 700 nelle Scuole di specializzazione medica. Lo dice uno studio dell’Associazione liberi specializzandi – fattore 2a, organizzazione nata a ottobre 2017 come ‘costola’ di un gruppo Facebook che raccoglie migliaia di studenti di medicina e giovani medici, presentato a Bologna alla XIV conferenza nazionale della Fondazione Gimbe. Lo studio, illustrato da Claudio Cappelli, del centro studi e analisi Als, individua in due meccanismi distinti le cause di questo spreco. Primo, i test per accedere alle Scuole di specialità e per la Medicina generale si tengono in tempi diversi; secondo, la fuga da una specializzazione a un’altra avviene non solo il primo anno. I concorsi considerati sono quelli per accedere alle Scuole di specialità nel 2017 e 2018 e quello per la Medicina generale 2017, in cui colleghi già inseriti in formazione hanno ritentato la prova la seconda o terza volta aggiudicandosi una nuova borsa e abbandonando quella vinta in precedenza. Scrivono gli autori, ripresi dal sito Enpam: “Quello che si pensava potesse essere principalmente un meccanismo confinato a un’emorragia di specializzandi del 1° anno, appena iscritti ad una scuola, che magari non fosse la loro prima scelta, si è dimostrato invece un meccanismo molto più complesso coinvolgente iscritti anche ai corsi di formazione in medicina generale, e addirittura iscritti ai secondi anni di specializzazione”.
La maggior parte dei partecipanti ai concorsi d’ingresso alle specializzazioni mediche è nata tra il 1989 e il 1992, ma c’è anche chi ha passato i 70 anni. Ma soprattutto, dei 16 mila e rotti partecipanti, circa 1.300 erano già titolari di una borsa di studio. «È possibile, ma soprattutto è giusto – si chiedono gli autori, Claudio Cappelli e Massimo Minerva – insistere con questo rigido meccanismo che vuole un concorrente scegliere il proprio destino professionale nel giro di neanche 36 ore, senza dargli alcuna possibilità di uscita se non quella di abbandonare la scuola e ritentare il concorso?» La conseguenza di tale formula è che chi sceglie una scuola di specialità che non ama e poi la abbandona, non è sostituito: la borsa lasciata perdere viene soppressa, non è rimessa subito a disposizione di un’altra candidatura. Ma qualcuno si ricorda dei soldi stanziati e non più spesi? Als si chiede: “Queste risorse già messe a bilancio che noi stiamo quantificando solo da un anno ma che sicuramente saranno molte di più sono poi recuperate per ri-finanziare nuovi contratti? Il flusso di risorse si interrompe e rimane direttamente ‘in pancia’ al Mef o ci sono passaggi intermedi e quindi sprechi da poter recuperare? E se rimane in un qualche fondo del Mef, perché fino ad oggi non sono state calcolate queste ‘borse perse’ e non è reso noto lo storico di questo fondo per quantificare il contingente esatto di futuri non-specialisti, e programmare meglio il fabbisogno futuro di medici formati per l’Ssn?»
Ricordiamo che in un altro studio, Cappelli e Minerva hanno censito non nei 15 mila menzionati dai sindacati ma in 7 mila i medici rimasti nell’imbuto formativo poiché esclusi dalla scuola di specialità o dal corso di medicina generale: Als ha esaminato i nominativi degli studenti non “promossi” dopo i test d’accesso a specialità degli ultimi 3 anni e di medicina generale degli ultimi 2 anni e ha tolto gli specializzandi che, avendo già un posto nella scuola di una disciplina ma volendo cambiare, si erano di nuovo cimentati con i quiz senza superarli.

Mauro Miserendino

Ultimo aggiornamento

18 Marzo 2019, 12:39

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