TESTIMONI DI GEOVA E EMOTRASFUSIONI

Data:
6 Ottobre 2012

Va premesso che nell’attuale ordinamento il paziente ha il diritto di non curarsi (articolo 32 della Carta Costituzionale, articolo 35 del Codice di Deontologia Medica e articolo 5 della Convenzione di Oviedo 1997 sui diritti dell’uomo e della biomedicina).
Nel conflitto tra libertà di coscienza e salute, di fronte ad una espressione cosciente di rifiuto alle cure, il medico, che ha il dovere di curare, deve rispettare la volontà del paziente (senza che nessuna autorità legislativa, amministrativa, giudiziaria possa cambiare le cose) purché la decisione sia l’espressione di una volontà accertata e non solo ipotetica.
Infatti va posta grande attenzione all’ordine gerarchico delle fonti del diritto tra il diritto di autodeterminazione del paziente per il rifiuto alle cure (diritto di lasciarsi morire, non di volere la morte) e i doveri che incombono sul medico che ha l’obbligo di attivarsi e fare, secondo scienza e coscienza, tutto il possibile per la salvaguardia della salute del paziente.
Il rifiuto alle cure (in questo caso alle trasfusioni di sangue) deve essere però oggetto di una manifestazione chiaramente espressa, non equivocabile, attuale, informata e compresa, deve, cioè, esprimere:

•una volontà non astrattamente ipotetica, ma concretamente accertata;

•un’intenzione non solamente programmatica, ma specifica;

•una cognizione dei fatti non soltanto "ideologica", ma frutto di informazioni specifiche in ordine alla situazione sanitaria.

Inoltre, il dissenso deve seguire e non precedere una informazione sul reale pericolo di vita imminente e non altrimenti evitabile, deve anche essere sempre attuale e non preventivo.
Il "niente sangue" su un cartellino non basta.
Ne deriva, dunque, che, qualora il paziente sia in stato di incoscienza, non sia cioè in condizioni di manifestare coscientemente una volontà già espressa prima dell’evento lesivo e prima di una adeguata e compresa informazione, il diniego non è valido in quanto non reiterato al momento della prestazione: un conto è l’espressione di un generico dissenso ad un trattamento in condizioni di piena salute, molto diverso è il riaffermarlo puntualmente in una situazione di effettivo pericolo di vita.
Dunque, il dissenso alla terapia trasfusionale, seppur salva vita, deve essere manifestato dall’interessato o da un soggetto diverso (da lui indicato solo quando risulti rappresentante ad acta, cioè con dimostrata esistenza del proprio potere rappresentativo) al momento dell’evento lesivo con una articolata, puntuale, espressa dichiarazione dalla quale emerga, in modo non equivocabile, la volontà di impedire la trasfusione anche in ipotesi di pericolo di vita.

COSTITUZIONE

Articolo 32

La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti.
Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge.
La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana.

CODICE DEONTOLOGICO

Art. 35 Acquisizione del consenso

Il medico non deve intraprendere attività diagnostica e/o terapeutica senza l’acquisizione del consenso esplicito e informato del paziente.
Il consenso, espresso in forma scritta nei casi previsti dalla legge e nei casi in cui per la particolarità delle prestazioni diagnostiche e/o terapeutiche o per le possibili conseguenze delle stesse sulla integrità fisica si renda opportuna una manifestazione documentata della volontà della persona, è integrativo e non sostitutivo del processo informativo di cui all’art. 33.
Il procedimento diagnostico e/o il trattamento terapeutico che possano comportare grave rischio per l’incolumità della persona, devono essere intrapresi solo in caso di estrema necessità e previa informazione sulle possibili conseguenze, cui deve far seguito una opportuna documentazione del consenso.
In ogni caso, in presenza di documentato rifiuto di persona capace, il medico deve desistere dai conseguenti atti diagnostici e/o curativi, non essendo consentito alcun trattamento medico contro la volontà della persona.
Il medico deve intervenire, in scienza e coscienza, nei confronti del paziente incapace, nel rispetto della dignità della persona e della qualità della vita, evitando ogni accanimento terapeutico, tenendo conto delle precedenti volontà del paziente.

CONVENZIONE DI OVIEDO sui diritti dell’uomo e della biomedicina 1997 ratificata dall’ Italia con la legge numero 145 del 28 marzo 2001

Articolo 5

Un trattamento sanitario può essere praticato solo se la persona interessata abbia prestato il proprio consenso libero e informato.

ATTUALE

Il consenso deve essere persistente al momento dell’atto medico.
La condotta di corretta informazione sul trattamento sanitario, specie quando è ad alto rischio, non appartiene ad un momento prodromico esterno al contratto, ma è condotta interna al cd. "contatto medico-sanitario" ed è elemento strutturale interno al rapporto giuridico che determina il consenso al trattamento sanitario.
Cass. civ. Sez. III, 19-10-2006, n. 22390

INFORMAZIONE

L’informazione da parte del medico deve essere completa anche dei possibili effetti negativi della terapia o dell’intervento medico-chirurgico, con le possibili controindicazioni e l’indicazione della gravità degli effetti del trattamento.
Cass. pen. 30 settembre 2008, n. 37077

COMPRESA

L’informazione deve essere recepita dal paziente e pertanto deve essere fornita con termini di uso corrente e non con meri dati tecnici.
Infatti l’informazione deve essere comprensibile, per porre il paziente nella condizione di capire la situazione da affrontare e le eventuali alternative in modo da poter fare liberamente e oculatamente delle scelte.


Ultimo aggiornamento

6 Ottobre 2012, 02:10

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