Suicidio assistito, medici contro (da Adnkronos del 19 ottobre 2019)

Data:
20 Ottobre 2019

Il suicidio assistito non deve essere necessariamente medicalizzato, ciò non toglie che il professionista continuerà a restare vicino al malato in tutte le fasi che il diritto all’autodeterminazione gli consente, fino a dopo la morte, certificandola. Questa la linea dei medici emersa a Parma, durante il convegno nazionale “Il suicidio assistito tra diritto e deontologia. La legge, il consenso e la palliazione”, organizzato sotto l’egida Fnomceo, dall’Omceo Parma e dal Gruppo di lavoro su “Suicidio assistito e eutanasia” della Consulta nazionale deontologica, dopo la recente sentenza della Corte Costituzionale che si è pronunciata sulla non punibilità dell’aiuto all’interruzione della vita in situazione di grave sofferenza personale, fisica da malattia ad esito infausto, riguardo al caso Cappato Dj Fabo.

 

Il medico – sostiene Filippo Anelli, presidente della Federazione nazionale degli Ordini dei medici e degli odontoiatri (Fnomceo) – ha per missione quella di combattere le malattie, tutelare la vita e alleviare le sofferenze. Quello del suicidio assistito è quindi un processo estraneo a questo impegno. Un compito ricco di un’esperienza millenaria ma anche moderna poiché incarna nell’agire professionale i principi della Costituzione (Art. 32 in primis). Siamo in una società pluralista e la nostra posizione è quella di curare tutti senza discriminazione alcuna secondo scienza e coscienza, a prescindere da credi religiosi, filosofici, culturali, rispettando il diritto del cittadino all’autodeterminazione anche nei casi di suicidio, così come previsto dalla Corte Costituzionale. Ma se è un alto diritto la possibilità di scegliere autonomamente e liberamente sulla propria salute, assicurata dall’obiezione di coscienza, lo stesso principio deve poter valere anche per il medico che si considera fermo sostenitore della tutela della vita”.

 

Quindi, continua Anelli, “si vuole certamente rispettare la volontà di chi decide di porre fine alla propria esistenza ritenuta troppo penosa e non più degna di essere prolungata, nei limiti previsti dalla Corte Costituzionale, ma si chiede anche di lasciare la nostra categoria estranea a questo atto suicidario. Il medico non abbandonerà mai a se stesso il paziente, assicurerà sempre le cure si palliative per contenere il dolore sino alla sedazione profonda e sarà presente fin dopo il decesso, che certificherà, ma non compirà l’atto fisico di somministrare la morte”.

Il problema è poi chi raccoglierà il consenso? E chi lo aiuterà a morire? Si chiede Anelli. “Una legge dello Stato – aggiunge il presidente Fnomceo – dovrà trovare una terza persona (come ad esempio un pubblico ufficiale) per raccogliere la volontà di suicidio, e quanto a chi fisicamente aiuterà il malato a morire, forse è ragionevole supporre che debba essere il paziente stesso a poterlo decidere, a scegliere ad esempio un fratello, il coniuge, un genitore, ma non il medico, a meno che non lo faccia nella posizione di amico o parente del richiedente, non certo nel ruolo di professionista della salute”…………..

Ultimo aggiornamento

24 Ottobre 2019, 18:14

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