Senza consenso informato il medico rischia, l’esperto: necessaria informazione corretta e esauriente (da DoctorNews33 del 28 novembre 2014)

Data:
30 Novembre 2014

CASSAZIONE Sentenza n.19731 del 19.09.2014

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Il consenso informato riveste un’importanza colossale e il modello- format dato al paziente prima di
un intervento alla prova dei fatti talora può risultare incompleto. Andrebbe integrato dalle risultanze
del colloquio, obbligatorio, tra medico e paziente. Le conclusioni nascono dalla lettura della
sentenza di Cassazione 19731 del 19 settembre scorso relativa a un ingegnere di 62 anni deceduto
nel 1998 per una trombosi venosa profonda seguita a un intervento chirurgico.
La casa di cura e il chirurgo erano stati denunciati sia per l’intervento in sé sia per vizi nel consenso
ma in primo grado il Tribunale aveva rigettato la domanda. Nel 2007 si va in Appello e qui la Corte
condanna struttura e medico a risarcire 5 mila euro per l’intervento mal riuscito, ma l’erede si
appella ancora e la Cassazione gli dà ragione, stavolta facendo leva sul consenso incompleto.
“Sussiste la prova evidente dell’inadempimento in relazione alla mancata e completa informazione
sul rischio inerente al primo intervento”. Il consenso firmato dal paziente c’era, su modulo, che
risulta “sintetico ma incompleto”; andava integrato da un colloquio medico-paziente, che però dalla
cartella clinica non risulta. “Ma il consenso completo è elemento strutturale dei contratti di
protezione quali sono quelli che si concludono nel settore sanitario”, contesta la Suprema Corte e
“l’inadempimento del debitore della prestazione è idoneo a ledere diritti inviolabili della persona”. I
giudici annotano poi che il rischio di trombosi venosa profonda a seguito di quell’intervento può
arrivare al 50% e la Corte d’Appello si contraddice nell’affermare che esulano dall’obbligo di
consenso fino a prova contraria rischi inferiori all’1 per cento. «Nel caso in esame si parla di
consenso viziato e dunque non valido; che l’intervento sia andato bene o male è solo una parte della
problematica, attinente alla responsabilità d’esecuzione della prestazione; ma l’intervento non ci
sarebbe stato senza il consenso del paziente, e omettere quest’ultimo in tutto o in parte integra una
responsabilità di violazione all’autotutela del paziente, la cui decisione è funzione dell’informazione
ottenuta», dice Marco Perelli Ercolini, autore di un CD sul consenso informato edito da Enpam, i
cui contenuti sono al centro di una serie di incontri negli ospedali milanesi. «Il consenso presuppone
una manifestazione di assenso o dissenso a monte della quale c’è una informazione corretta,
esauriente e compresa; se manca uno di questi tre elementi, anche ove l’esecuzione dell’intervento
sia perfetta, il medico è venuto meno ai suoi doveri, con risvolti che potrebbero essere anche di
natura deontologica». È peraltro vero che «i modelli di consenso negli ospedali non sono la Bibbia.
Un suggerimento eventuale è attestare l’avvenuto colloquio con il paziente ad integrazione della
presentazione e firma del consenso riportando a penna sul modello frasi proprie condivise durante la
conversazione, ad espressione di una volontà consapevole del paziente.

Mauro Miserendino

Ultimo aggiornamento

30 Novembre 2014, 00:05

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