Risarcimento del danno al neonato affetto da malformazioni

Data:
15 Ottobre 2012


Il fatto
Una gestante, appena consapevole del proprio stato si era rivolta al ginecologo chiedendo di essere sottoposta a tutti gli accertamenti necessari a escludere malformazioni del feto: la nascita di un bimbo sano era stata rappresentata come condizione imprescindibile per la prosecuzione della gravidanza.
Il medico aveva proposto e fatto eseguire il solo Tritest omettendo di prescrivere accertamenti più specifici diretti a escludere alterazioni cromosomiche.
È venuta alla luce una piccola affetta da sindrome di Dawn.
La vicenda giudiziaria particolarmente complessa ha visto escludere nei primi due gradi la legittimazione della bimba a richiedere e ottenere il risarcimento del danno direttamente subito sulla scorta del principio secondo cui al verificatarsi della nascita non può dal minore essere fatto valere come proprio danno da inadempimento contrattuale l’essere affetto da malformazioni congenite per non essere stata la madre, per difetto di informazione, messa in condizione di tutelare il di lei diritto alla salute facendo ricorso all’aborto.

Il diritto
La Corte di Cassazione, con la pronuncia in esame, ha affrontato il delicato problema della titolarità di un diritto al risarcimento del danno in capo al minore disabile, nato – a seguito della omessa rilevazione, da parte del sanitario, della malformazione genetica – da una madre che, contestualmente alla richiesta dell’esame diagnostico, abbia manifestato la volontà di non portare a termine la gravidanza nell’ipotesi di risultato positivo del test.
Con l’innovativa sentenza si è affermato il diritto del neonato alla richiesta di risarcimento del danno.
Il Collegio ha manifestato il convincimento che la domanda risarcitoria avanzata personalmente dal bambino malformato trovi il suo fondamento nella Costituzione (artt. 2, 3, 29, 30 e 32).
Il vulnus lamentato dal minore malformato non è la malformazione in sé considerata – non è, in altri termini, l’infermità intesa in senso naturalistico o secondo i dettami della scienza medica -, bensì lo stato funzionale di infermità.
Non si discute di non meritevolezza di una vita con disagio, ma una vita che merita di essere vissuta meno disagevolmente, attribuendo direttamente al soggetto che di tale condizione di disagio è personalmente portatore il dovuto importo risarcitorio, senza mediazioni di terzi, quand’anche fossero i genitori, ipoteticamente liberi di utilizzare il risarcimento a loro riconosciuto ai più disparati fini.
L’interesse giuridicamente protetto, del quale viene richiesta tutela da parte del minore è quello che gli consente di alleviare, sul piano risarcitorio, la propria condizione di vita, destinata a una non del tutto libera estrinsecazione secondo gli auspici del Costituente.

Esito del giudizio
In accoglimento del ricorso la Suprema Corte ha cassato la sentenza rinviando nuovamente il giudizio ai giudici d’appello.


Ultimo aggiornamento

15 Ottobre 2012, 08:17

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