Errori diagnostici: più frequenti e dannosi di quelli terapeutici

Data:
26 Aprile 2013

Gli errori nella diagnosi, e non quelli chirurgici o quelli dovuti a eccesso di cure, causano i danni più gravi per il paziente e rappresentano la fetta più ampia dei reclami, con un esborso totale di quasi 39 miliardi di dollari nei soli Stati Uniti nell’arco di 25 anni.
Sono giunti a queste conclusioni i ricercatori della Johns Hopkins university di Baltimora, Maryland, che hanno valutato frequenza, effetti sulla salute e conseguenze economiche degli errori diagnostici commessi dai medici statunitensi e registrati tra il 1986 e il 2010 presso la National practitioner data bank, una banca dati elettronica in cui sono schedati gli errori medici.
Gli studiosi hanno analizzato 350.706 reclami che hanno ottenuto un rimborso.
Tra questi il 28,6% era dovuto a errori effettuati nella diagnosi, che rendevano conto di circa il 35% del valore totale dei risarcimenti.
Questo tipo di errori include una diagnosi mancata, scorretta, oppure giusta, ma effettuata troppo tardi.
Le conseguenze sono evidenti: mancato trattamento, terapia inappropriata o non tempestiva.
Tra gli errori diagnostici più comuni, ci sono le mancate diagnosi, mentre i pagamenti più ingenti si sono registrati nei casi di seri danni neurologici, come tetraplegia o lesioni cerebrali: «Nella maggior parte dei casi una diagnosi errata porta a conseguenze molto gravi per il paziente, come il decesso o un danno permanente, che si verificano circa nel doppio dei casi rispetto ad altri errori medici» spiega David Newman-Toker, professore associato di neurologia alla Johns Hopkins e coordinatore dello studio pubblicato online su Bmj quality and safety.
Dalla revisione è anche emerso che, rispetto ai pazienti ospedalizzati, quelli ambulatoriali incappavano più frequentemente nell’errore diagnostico, con un 31,2% dei casi per i primi contro il 68,8% per i secondi.
Tuttavia, quando la diagnosi non corretta era effettuata sui soggetti ricoverati la probabilità di un esito infausto era maggiore (48,4% contro il 36,9%).
«A differenza degli errori chirurgici, che sono evidenti nell’immediato, gli sbagli diagnostici sono spesso sottostimati perché difficili da misurare, visto che spesso le loro conseguenze emergono a distanza di tempo» afferma Newman-Toker, il quale puntualizza come la loro stessa revisione abbia scoperchiato solo i casi più gravi: «Ce ne sono molti altri che causano fastidi e sofferenze nei pazienti.
Una stima dice che ogni volta che un individuo fa visita a un medico per un nuovo problema, la frequenza media di errore diagnostico è pari a circa il 15%».

BMJ Qual Saf. 2013 Apr 22

Ultimo aggiornamento

26 Aprile 2013, 06:10

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