Vita da specializzandi: il punto della situazione

Data:
19 Dicembre 2010

 Dopo la modifica dello stato giuridico del 2006, noi specializzandi siamo passati dalla condizione di “studenti” a quella di “medici in formazione specialistica”, con un vero e proprio contratto formativo. Ma è davvero cambiato qualcosa? Un’indagine effettuata dalla nostra associazione Federspecializzandi ha sondato il parere di 600 medici in formazione sull’offerta formativa delle Scuole di Specializzazione negli atenei italiani. Nove università sono state coinvolte: Padova, Verona, Genova, Trieste, Varese, Modena, Pavia, Sassari e Palermo. L’indagine è stata realizzata attraverso la distribuzione di un questionario anonimo ad un campione di medici in formazione specialistica suddiviso in tre grandi aree: area chirurgica, area medica e area dei servizi. Il questionario è stato redatto, sulla base di modelli europei, da un gruppo di lavoro composto da membri dei direttivi delle associazioni locali coordinati dal referente del direttivo nazionale di Federspecializzandi. Gli obiettivi principali di questa indagine sono state: verificare se l’organizzazione delle varie scuole corrisponde a quanto previsto dal D.lgs 368/99, dalle tabelle ministeriali di insegnamento e dal regolamento delle Scuole di Specializzazione; valutare il grado di soddisfazione degli specializzandi sull’organizzazione della Scuola, sui contenuti didattici offerti e sull’autonomia raggiunta; delineare lo stato attuale delle condizioni lavorative e di formazione. I risultati emersi sono stati omogenei sia nei diversi atenei che nelle diverse aree di appartenenza dei medici in formazione specialistica coinvolti e forniscono uno specchio della situazione delle Scuole di Specialità italiane. Durante il percorso formativo i medici si ritengono investiti di responsabilità proprie dei medici strutturati, che vengono in questo modo sostituiti dal personale in formazione. Così il 64% dei giovani medici si trova a svolgere servizio di guardia in autonomia, il 65% a fornire prestazioni specialistiche in ambulatorio (dove i pazienti, che hanno pagato il ticket, si aspettano di aver di fronte un dirigente medico) e quasi il 50% a scegliere se ricoverare o meno un utente del pronto soccorso senza essere affiancati. Inoltre il carico di lavoro è ben più alto delle 38 ore settimanali, suddivise tra teoria e pratica, che il medico specializzando dovrebbe spendere per la propria formazione: il 46% dichiara di trascorrere in ospedale tra le 50 e le 70 ore alla settimana. Un carico notevole al quale non corrisponde un’offerta formativa valida, ritenuta dagli specializzandi appena sufficiente (voto di 6,2 in una scala 1-10). È inoltre allarme rosso nell’area chirurgica, dove molti chirurghi specializzandi lamentano di non essere adeguatamente formati, difatti difficilmente vengono investiti del ruolo di primo operatore anche agli ultimi anni di formazione e nel 37% dei casi nemmeno di secondo operatore. Fanno eccezione gli interventi di piccola chirurgia, che spesso possono venir eseguiti anche da professionisti dell’area medica. Così il 65% degli intervistati giudica la propria partecipazione alle attività chirurgiche insufficiente. E questo si manifesta anche nelle emergenze/ urgenze, dove circa un terzo dei medici specializzandi dichiara di non poter agire. In circa l’80% dei casi non c’è un percorso formativo chiaro e sono nettamente carenti le lezioni teoriche o di tecniche chirurgiche e le simulazioni con ausili meccanici, animali o cadaveri. E non va meglio sul fronte della didattica: nonostante siano molte le Scuole di Specializzazione dove vengono tenute attività ad hoc, tra cui lezioni frontali, nel 49% dei casi esse costituiscono meno di 2 ore a settimana e sono ritenute per la maggior parte insoddisfacenti, tant’è che ricevono un voto medio di 4,4 in una scala 1-10. Non dimentichiamo che ogni anno ciascun specializzando paga all’università di appartenenza mediamente 1500 euro per la propria formazione specialistica. Ritornando all’indagine effettuata, emerge chiaramente che nella maggior parte degli Atenei non esiste il log book, il registro delle attività pratiche eseguite, previsto peraltro dal nostro Contratto di formazione. E laddove il registro esiste è usato solo da poco più del 20% degli intervistati. La maggioranza degli specializzandi ritiene inadeguata la preparazione ricevuta durante la formazione specialistica anche a causa di una frequente mancanza di idoneità delle strutture (49%). Gli specializzandi rimangono inoltre esclusi da alcuni piccoli benefit di cui invece godono gli altri dipendenti delle Aziende Sanitarie: nel 75% non c’è una parificazione dei diritti come mensa e posto macchina. E non è sempre scontato che le Aziende forniscano una copertura assicurativa per le responsabilità professionali dei medici specializzandi, come invece è previsto nel nostro Contratto. Tirando le somme, solo un irrisorio 4% del totale degli intervistati si dichiara molto soddisfatto del proprio percorso formativo e il 32% abbastanza soddisfatto, mentre il 38% ha risposto “non molto” e il 21% “per niente”. Non stupisce quindi che alla domanda “ti riscriveresti alla stessa Scuola di Specializzazione?” la metà risponde che non lo farebbe. O lo farebbe in un altro Ateneo, magari estero.
 
Laura Ukovich

Ultimo aggiornamento

19 Dicembre 2010, 11:16

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