Slow Medicine, 5 pratiche a rischio di inappropriatezza in allergologia e immunologia pediatrica (da Doctor33 dell’11 giugno 2015)

Data:
14 Giugno 2015

Anche la Società italiana di allergologia e immunologia pediatrica (Siaip) fa parte delle organizzazioni che hanno aderito all’iniziativa “Fare di più non significa fare di meglio” varata da Slow Medicine, associazione per una medicina più sobria, rispettosa, giusta. Anche per questa disciplina è dunque disponibile una lista di “pratiche a rischio di inappropriatezza di cui professionisti e pazienti dovrebbero parlare”. Pur ispirandosi alle “Top 5 list” di Choosing wisely, l’elenco si basa sulla realtà clinico-sanitaria italiana e solo sull’appropriatezza clinica, restando un valido strumento per ridurre gli sprechi. Ecco i 5 punti. 1) Non controindicare le vaccinazioni in caso di allergie. Reazioni locali e sistemiche lievi (arrossamento del sito di inoculo e/o febbre) dopo una vaccinazione sono comuni e non controindicano future somministrazioni. Speciali precauzioni sono da seguire solo in caso di soggetti che abbiano presentato reazioni sistemiche gravi con rischio della vita (dispnea grave, alterazioni dello stato di coscienza, ipotensione, etc.). La sensibilizzazione alle proteine dell’uovo non controindica la trivalente. 2) Non eseguire di routine test allergologici in bambini con orticaria acuta, la cui diagnosi è fondamentalmente clinica e la cui causa nettamente più frequente sono le infezioni (specie virali). Solo quando è presente uno stretto rapporto temporale tra ingestione dell’alimento e comparsa dell’eruzione orticarioide sono indicati i test. Non sono indicate in prima istanza indagini di laboratorio ed è opportuno limitarsi al test cutaneo con estratto del commercio (Spt) o con alimento fresco (prick + prick). 3) Non somministrare mucolitici in bambini con asma bronchiale, farmaci non inclusi per questa indicazione nelle più importanti linee guida internazionali (Gina, Ats, Bts). Studi svolti sull’efficacia dei mucolitici nelle esacerbazioni e nella terapia di fondo dell’asma ne hanno infatti dimostrato l’inutilità e la possibilità di effetti collaterali pericolosi. Sono inoltre controindicati sotto i due anni d’età per il rischio di peggioramento della difficoltà respiratoria. 4) Non prescrivere di routine esami immunologici e genetici in caso di infezioni respiratorie ricorrenti, comuni infezioni virali indifferenziate delle alte vie aeree e assente familiarità per immunodeficienze primitive o malattie polmonari ereditarie. Occorre basarsi più che sul numero delle infezioni su: loro gravità, presenza di germi inusuali o opportunisti, decorso protratto, ricorrenza oltre l’età della prima socializzazione. I test di primo livello sono emocromo con formula e dosaggio delle IgG, insieme al test del sudore in caso di ricorrenza di otiti, sinusiti batteriche, broncopolmoniti o altre infezioni invasive. 5) Non escludere un alimento dalla dieta solo per la positività di test cutaneo (prick test) e/o IgE sieriche specifiche, che indica soltanto una sensibilizzazione, condizione compatibile con l’assunzione di un alimento. La diagnosi di allergia alimentare si basa sulla raccolta di un’approfondita e corretta storia clinica, dalla quale deve emergere un rapporto temporale tra l’introduzione dell’alimento e la comparsa dei sintomi. Se l’anamnesi e il prick test/IgE sieriche specifiche non sono dirimenti si deve prevedere un test di provocazione orale.

Arturo Zenorini

Ultimo aggiornamento

14 Giugno 2015, 09:10

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