Pensioni, inutile rinunciare a riscatto laurea per evitare rottamazione. Resta solo il contenzioso (da DoctorNewss33 del 6 ottobre 2015)

Data:
6 Ottobre 2015

Non è possibile rinunciare al riscatto degli anni di laurea già pagati per restare in servizio, l’unico modo di sottrarsi a un’eventuale rottamazione alla fine è il contenzioso. Molti medici ospedalieri si domandano se per evitare il “pensionamento forzato” e rientrare nei parametri della circolare Madia 2/2015 sia possibile “espungere” il periodo universitario. Ma il messaggio Inps 2547 di fine 2014 li delude. Se si sta pagando un riscatto del periodo universitario e si vuole evitare la risoluzione anticipata del rapporto, si può solo sospendere il pagamento delle rate rimaste. Giorgio Cavallero vicesegretario Anaao Assomed fa chiarezza sulle età e le anzianità dei medici dipendenti ai fini dell’eventuale rottamazione dopo le richieste dei lettori sulla questione «Il rischio licenziamento per i medici e i dirigenti sanitari non esiste prima dei 65 anni» premette Cavallero. «Il limite minimo d’età disposto dalla legge 183/2010 è di
65 anni, o in alternativa il medico dipendente può restare in servizio fino al raggiungimento dei 40 anni di servizio effettivo, cioè conteggiati escludendo i riscatti (ma non il servizio militare)». A questo punto però «è necessario distinguere tra i concetti di pensionamento e rottamazione. Quest’ultima è un vero e proprio licenziamento e non ha nulla a che vedere con le norme pensionistiche.
Qualche azienda, sbagliando, ritiene possibile licenziare in modo indiscriminato i medici al raggiungimento dei requisiti d’anzianità contributiva». Quest’anno la circolare 2 ha distinto i medici dipendenti ai fini della possibile “rottamazione” a seconda che fossero responsabili o meno di struttura complessa. Con la circolare, i “primari” non possono vedersi applicare la risoluzione unilaterale del rapporto e possono proseguire fino al raggiungimento dei 40 anni di servizio effettivo, fino al limite massimo d’età di 70 anni. Gli altri medici potrebbero essere “rottamati” solo una volta compiuti i 65 anni ove abbiano raggiunto i nuovi requisiti di anzianità fissati dalla legge Fornero e cioè, per il 2015, 42 anni e 6 mesi per i maschi e 41 anni e 6 mesi per le donne (l’anno prossimo saranno 4 mesi in più). In questo caso i contributi includerebbero il riscatto del periodo di laurea. Ove il limite dei 40 anni di servizio effettivo non sia stato raggiunto, il medico può chiedere di rimanere oltre i 65 anni, ma solo se non crea problemi organizzativi. Cavallero avverte: «Secondo noi la circolare non afferma cose corrette; tutti i medici possono restare fino al 40° anno di servizio, a domanda. Si tratta di un diritto soggettivo di ogni medico. Il testo della circolare purtroppo crea disparità a nostro avviso ingiustificate tra primari e non. Tra l’altro, il direttore generale sa che se si avvale della possibilità di rescindere il rapporto può andare incontro a contenziosi con il dipendente». Regole ancora diverse, per inciso, vigono per l’eventuale “rottamazione” di infermieri e amministrativi. A loro si applica la possibilità di rescissione unilaterale del rapporto anche prima dei 65 anni una volta raggiunti i requisiti pensionistici ma in ogni caso non prima dei 62 anni. «Il vero problema della categoria medica – conclude Cavallero – non è di chi vuol restare ma dei moltissimi che vorrebbero andare in pensione ma non riescono a farlo. Sarebbe più saggio consentire a chi vuol andare di andare e a chi vuol restare di restare senza ulteriore legificazione».

Mauro Miserendino

Ultimo aggiornamento

6 Ottobre 2015, 20:00

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