Pensioni anticipate, dubbi dall’Europa. Federspev: o si lascia flessibilità o rischi seri (da DoctorNews33 del 16 settembre 2015)

Data:
16 Settembre 2015

«O l’Unione Europea dà margini per consentire pensionamenti anticipati o i giovani italiani andranno a lavorare più tardi e rischieranno di non maturare una pensione adeguata». Così Michele Poerio presidente della Federspev – la Federazione pensionati e vedove dei sanitari italiani che raggruppa medici farmacisti e veterinari – commenta le previsioni dell’Ecofin che analizzano l’andamento degli esborsi previdenziali nel nostro paese in rapporto al prodotto lordo. I dati italiani per Bruxelles sarebbero troppo ottimistici per il dodicennio 2020-2032 e forse non vanno bene le proposte per allentare gli effetti della riforma Fornero. Quattro quelle in pista: la pensione anticipata anche di 4 anni (a 62 anni) con una penalizzazione massima dell’8%, avanzata dall’ex ministro del lavoro Cesare Damiano; il prestito dal castelletto previdenziale per aiutare gli esodati fino al percepimento dell’assegno; la “quota cento” per tutti (via a 68 anni d’età con 32 di contributi ma anche a 58 più 42); il ricalcolo con il sistema contributivo per chi vuole andar via prima dei 60 anni. E’ possibile che l’Unione Europea stia stretta nei trend, memore d’imprevisti all’italiana, come la sentenza della Corte Costituzionale che ha imposto allo Stato di restituire l’inflazione non percepita nel 2012 dai redditi superiori a 1500 mensili. In queste ore, proprio la decisione del governo di non ridare nulla alle pensioni superiori a sei volte il minimo Inps (3000 euro lordi mensili) sta portando i pensionati di Federspev sul sentiero di guerra. «Come coordinatore della commissione Welfare dell’Ordine di Roma – dice Poerio – ho dato mandato agli avvocati di valutare ricorsi – che potrebbero essere un’infinità – alla alla Corte dei Conti e ai giudici del lavoro per ottenere quanto ingiustamente tolto. Non possiamo avallare un “furto” agli iscritti dopo che la Consulta ci ha dato ragione».
«Il futuro delle giovani generazioni non si aiuta togliendo reddito ai pensionati, ma costruendo le prospettive per il lavoro di tutti, cioè offrendo chance di lavoro continuativo e puntando sulla previdenza complementare», dice Poerio. E specifica: «Per far entrare più giovani nel mondo del lavoro in un paese con il 42-43% di disoccupazione giovanile bisogna pensionare prima. Certo, l’anticipo non deve essere insostenibile. Oggi qualcuno propone ai lavoratori che intendessero anticipare la pensione il ricalcolo dell’assegno con il sistema contributivo, ma questo sistema consente una pensione dignitosa a fine corsa solo a chi non ha mai perso il lavoro o ha percepito redditi alti. L’Europa deve capire che ci vuole flessibilità negli esodi e l’Italia deve scommettere sulla previdenza integrativa che può dare un 20% di pensione in più a un lavoratore da 1500 euro annui che destinasse 70 euro mensili al proprio futuro. Invece proprio la previdenza integrativa è stata affossata dall’ultima Finanziaria che ha aumentato la tassazione sui contributi ai fondi pensione complementare dall’11 al 20%. Nè è partita la previdenza complementare dei pubblici dipendenti».

Mauro Miserendino

Ultimo aggiornamento

16 Settembre 2015, 06:32

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