Medici non specializzati nel SSN: la Professione compatta dice NO – l’appello dell’Ordine dei Medici di Latina alla FNOMCeO

Data:
20 Agosto 2019

la lettera del Presidente Righetti   >>>   lettera Ordine Latina – FNOMCeO – 19 agosto 2019

A cura dell’ufficio stampa FNOMCeO – Aggiornato alle 18:00 del 19 agosto 19


È un NO corale quello che arriva dalle diverse componenti della Professione medica in risposta alla decisione della Regione Veneto di assumere – dopo un corso di formazione di 92 ore, peraltro con modalità non concordate con l’Università, più due mesi di tirocinio pratico – medici con la sola abilitazione per coprire ‘buchi’ di organico negli ospedali. Una decisione che rischia oltretutto di fare da apripista a quelle analoghe di altre Regioni. E mentre il presidente della Federazione nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e Odontoiatri (FNOMCeO), Filippo Anelli, chiede al suo omologo della Conferenza delle Regioni, Stefano Bonaccini, di convocare il Tavolo congiunto istituito mesi fa proprio per discutere di materie di comune interesse, gli Ordini e i Sindacati del Veneto, ma anche quelli nazionali e l’Osservatorio Giovani professionisti della stessa FNOMCeO fanno squadra per manifestare la propria contrarietà.

“Il rimedio è peggiore del male – aveva ammonito subito Anelli – e avrà un duplice effetto negativo: quello di abbassare la qualità dell’assistenza ai cittadini e quello di precludere a questi giovani colleghi qualsiasi possibilità di carriera, impiegandoli a tempo indeterminato ma di fatto con una precarietà legata alle incertezze sull’inquadramento contrattuale e sulle modalità di copertura assicurativa. E questo in un momento in cui il Governo centrale ha aumentato i posti nelle specializzazioni”.

“Come Ordini del Veneto concordiamo con la posizione della FNOMCeO espressa dal Presidente Filippo Anelli, ed in particolare siamo contro un invio allo sbaraglio di una “manodopera professionale” a basso costo” hanno rilanciato, tutti insieme, i Presidenti dell’OMCeO di Belluno, Umberto Rossa, di Rovigo, Francesco Noce, di Treviso, Luigino Guarini, di Padova, Paolo Simioni, di Venezia, Giovanni Leoni, di Verona, Carlo Rugiu, di Vicenza, Michele Valente, che ieri hanno scritto una lettera per chiedere un incontro al presidente della Regione Zaia, in modo da avere rassicurazioni sul percorso formativo e sulla qualità dell’assistenza ai malati. A preoccupare gli Ordini veneti è soprattutto il fatto che la Delibera della Regione sulla “Assunzione e Formazione di 500 giovani laureati non specializzati” sia stata preparata e promulgata senza contattare le Università di Padova e Verona.

“Gli Ordini ricordano che è compito fondamentale dell’Università provvedere alla specializzazione del medici neolaureati e che eventuali master e corsi post specialità da parte della Regione Veneto debbono essere preparati in accordo con le strutture universitarie e gli ordini professionali” affermano, all’unisono, i Presidenti.

“A carenze straordinarie”, spiegano, devono corrispondere “interventi straordinari, ma questo non giustifica la messa in discussione dei canali formativi istituzionali e la drastica riduzione del tempo di studio a vantaggio di un orario assistenziale di qualità ridotta”. Preoccupazione anche per la tutela assicurativa di questi medici, che sarebbe “tutta da inventare, visto che la loro posizione non è attualmente contemplata nel massimo storico del contenzioso medico legale, con buona pace della Legge Gelli”.

“Il problema centrale – evidenziano – è l’abbassamento della qualità dell’assistenza al cittadino in un Sistema Sanitario Regionale che ha retto essenzialmente grazie alla senso di responsabilità degli operatori”.

Analogo il giudizio che arriva dai Sindacati veneti dei medici ospedalieri, ANAAO-ASSOMED, AAROI, ANPO, CIMO, FASSID, FESMED, FPCGIL medici, FVM che rilevano: “Se il Pronto Soccorso è la porta d`ingresso di un ospedale, i reparti di Medicina e di Geriatria sono da sempre quelli deputati al maggior numero di ricoveri in urgenza e spesso con letti in appoggio in altri reparti con disagi per tutti, reparti a cui serve la guida di un medico esperto perché le sue responsabilità sono pesanti e le condizioni di lavoro attuali mettono a dura prova la sua vocazione”.

Nello stesso modo si erano espresse, alcuni giorni fa, anche le sigle sindacali della Medicina Generale, sempre del Veneto. In una lettera congiunta, i Sindacati FIMMG, SMI, SNAMI e Intesa Sindacale, per voce dei loro Segretari regionali Domenico Crisarà, Salvatore Cauchi, Liliana Lora e Ildo Antonio Fania, si erano dichiarati “a fianco della FNOMCeO” contro lo “svilimento della Professione medica e della sua autorevolezza”.

“L’emergenza medici è il capitolo finale di una storia ben conosciuta e fino a poco tempo fa totalmente ignorata se non negata – denunciavano i medici di Medicina Generale –. Essere giunti a questo punto non giustifica il mettere in discussione, senza le necessarie competenze accademiche, i percorsi formativi di coloro che hanno e avranno in mano la vita e il benessere dei cittadini. Sostenere che la sola formazione sul campo in tempi ridotti sia sufficiente per le attività richieste a un medico dell`emergenza urgenza è un pericolosissimo ritorno al passato e alle sue statistiche di aspettativa di vita”.

“La FNOMCeO”, confermavano i sindacati, “troverà sempre al suo fianco la medicina di famiglia del Veneto”. “Questi colleghi che per decenni, con risorse ridotte all’osso e senza riconoscimenti di carriera e d economici, hanno sostenuto e reso possibile il successo del sistema Veneto, ora si vedono offesi anche nei percorsi formativi che ne caratterizzano la loro insostituibile professionalità – concludevano – Sarebbe stato forse più opportuno, attraverso accordi decentrati, riconoscere l`intensa e indispensabile attività di questi professionisti adeguando il trattamento economico agli standard europei, mettendo in secondo piano rispetto alla salute dei cittadini il pareggio di bilancio delle Usl e i premi dei direttori generali”.

Ma la questione travalica i confini regionali: già sabato scorso il Segretario di Universo Sindacato Medici Ospedalieri (USSMO), Franco Lavalle, si era scagliato contro “i neo-medici buttati allo sbaraglio”. “L’assurda ricerca del risparmio ad ogni costo, che ha influenzato anche il numero delle borse di specializzazione, ha portato ad un duplice aberrante risultato: l’aumento dei medici laureati che ogni anno non entrano nelle scuole di specializzazione e la riduzione dei medici specialisti del SSN a causa del blocco del turnover” constatava Lavalle in un accorato intervento.

“Questo risultato dovrebbe far riflettere su come si fa la programmazione in sanità. Ora che la frittata è fatta si cerca di correre al riparo buttando nell’arena giovani, inesperti colleghi come tanti gladiatori da sacrificare – continuava Lavalle –. Si parla di formazione rapida sul campo, la quale non può che avvenire sulla pelle di poveri inesperti colleghi e dei pazienti che utilizzano le strutture. Sicuramente i colleghi non saranno lasciati soli, almeno lo spero, ma è sufficiente questo tirocinio per poi farli nuotare da soli. Io credo di no e, pertanto, chiediamo come Sindacato le più ampie garanzie e sicurezze per i colleghi”.

Va ancora oltre il Sindacati nazionale CIMO, che paventa “un’anarchia nelle corsie e un allarme per la sicurezza dei pazienti”, a causa delle “soluzioni affrettate, opportunistiche e prive di certezza giuridica” escogitate in questi mesi da Asl e Regioni per far fronte alla carenza di specialisti.

“Vediamo chiaramente il rischio che, dietro al paravento dell’autonomia differenziata, si tenti di “far saltare il banco” delle regole fondamentali sulla tutela del lavoro condivise a livello nazionale e del livello di professionalità medica che dobbiamo garantire ai pazienti in ogni angolo del Paese – spiega il Presidente nazionale CIMO, Guido Quici – È in gioco la sicurezza delle cure. Non basta mettere un medico non ancora formato o che non ha completato il proprio percorso, in un pronto soccorso o in un reparto specialistico e credere di aver risolto il “vuoto” lasciato da tempo in organico. O colmare le carenze con incarichi di tipo libero-professionale a medici esterni con partita iva, non dipendenti del SSN (Policlinico di Bari); o richiamare ex primari ultrasettantenni (Mazara del Vallo); o reclutare 500 neolaureati, non specialisti, per coprire posti in organico nelle svariate branche attraverso l’avvio di un percorso formativo di 92 ore d’aula e un’attività di tirocinio pratico con tutoraggio di soli 2 mesi (Veneto)”.

“È chiaro – aggiunge Quici – che si tratta di soluzioni che certificano il fallimento della politica sanitaria di questi anni e tutte le varie iniziative assunte in questi mesi nella sanità sono nell’ottica di un’autonomia differenziata che da regionale rischia di prendere una deriva estrema di “autonomia aziendale”, in cui ogni azienda del SSN definisce regole proprie per reclutare e gestire il personale. In questo vediamo un’evidente incognita per la qualità dell’assistenza ai cittadini ma anche per lo stesso medico che, senza certezze per il proprio futuro, è particolarmente esposto a possibili contenziosi di natura medico-legale”.

Poche ore fa, l’intervento di ANAAO-ASSOMED, che giudica “inaccettabile, pericoloso e illegittimo il percorso parallelo di formazione che la Regione Veneto intende avviare” e annuncia di aver “dato mandato ai propri avvocati di impugnare le delibere regionali e di inviare un esposto-denuncia alla Corte dei Conti”.

“Sebbene finora circoscritta al Veneto – dichiara Carlo Palermo, Segretario Nazionale ANAAO ASSOMED – riteniamo doveroso bloccare sul nascere questa iniziativa al fine anche di evitare l’emulazione da parte di altre Regioni di una mortificante e costosissima area di parcheggio per i giovani colleghi neolaureati senza alcuna prospettiva professionale che comporta un autentico spreco di danaro pubblico. Non è questa la soluzione per la grave carenza di specialisti da noi denunciata da anni. Molto meglio sarebbe stato l’utilizzo di queste risorse per incrementare il numero delle borse di specializzazione di competenza regionale”.

“Per non parlare – richiama Palermo – dei risvolti di ordine pratico e di sicurezza delle cure. Come si può pensare che solamente 92 ore di formazione in aula e due mesi di tutoraggio nei reparti delle aziende sanitarie possano essere equiparabili e sostitutivi di un corso di formazione specialistica in medicina d’urgenza, geriatria o medicina interna che durano 4 o 5 anni e richiedono migliaia di ore di formazione in aula e migliaia di ore di tutoraggio? Come si può pensare di inviare poi questi colleghi allo sbaraglio in “prima linea” nei reparti che accolgono pazienti acuti e nei pronto soccorso, creando così condizioni organizzative di grave rischio per la salute degli utenti? Chi lavora con i colleghi in formazione specialistica, sa bene che solamente dopo 2 o 3 anni del percorso formativo, possono essere in grado di iniziare a decidere ed agire in autonomia. Pensare di far gestire loro, dopo appena 2 mesi di formazione e tirocinio, pazienti anche limitatamente ai codici bianchi e verdi in pronto soccorso, dove serve esperienza clinica consolidata per saper distinguere, per esempio, una gastrite acuta da un infarto cardiaco inferiore, è, a nostro giudizio, una scelta politica e tecnica incosciente ed inaccettabile da contestare e contrastare in tutti i modi, poiché espone a seri rischi i pazienti e gli stessi operatori. Viene infatti compromessa gravemente la sicurezza e la qualità delle cure con un aumento importante del rischio clinico”.

Questa mattina, la discesa in campo anche dell’Osservatorio Giovani professionisti della FNOMCeO, che, per voce del suo Coordinatore, Alessandro Bonsignore, afferma: “Si sta giocando una partita cruciale per il futuro del nostro Sistema Sanitario Nazionale; i giovani Medici devono ambire a diventare professionisti formati, in grado di farsi pienamente carico del SSN, a tutela della salute di tutti i cittadini”.

Netta bocciatura, dai giovani FNOMCeO, per tutte le ‘non soluzioni’ alla carenza di specialisti.

“L’Osservatorio Giovani Professionisti FNOMCeO respinge ogni tentativo di limitare le possibilità di una giusta, congrua e doverosa formazione dei neolaureati, che non possono essere “sfruttati” come bassa manovalanza e non possono essere – allo stesso tempo – illusi di poter “barattare” una formazione specialistica che dura necessariamente 4/5 anni con un corso intensivo della durata di poche settimane: un precedente pericoloso che sminuisce l’importanza delle skills teoriche e pratiche oggi acquisite nell’ambito dei percorsi formativi in favore di una presunta e assurda “equipollenza” scrive ancora Bonsignore. Che conclude: “La soluzione alle croniche carenze di personale medico è, invece, una e una soltanto: fare in modo che per ogni laureato in Medicina e Chirurgia sia stanziata una borsa di studio per la formazione in una disciplina specialistica o nell’ambito della Medicina Generale”.

“Mai come in questo momento la Professione è unita, e fa fronte comune per difendere la qualità dell’assistenza – commenta il presidente della FNOMCeO, Filippo Anelli –. Abbiamo chiesto al presidente Bonaccini di convocare il Tavolo FNOMCeO-Regioni per stoppare il dilagare di queste soluzioni che, con il pretesto di un’emergenza annunciata da tempo, tendono ad abbassare la qualità della formazione dei Medici, dell’esercizio professionale, e quindi, in buona sostanza, delle cure. Per i primi di settembre indiremo inoltre una conferenza stampa, insieme a tutte le componenti della professione, per esporre le nostre ragioni e per chiedere una riforma seria e strutturale della formazione post laurea”.

Pochi minuti fa Anelli ha dunque scritto a Bonaccini: “Parlare di garanzie significa richiamare principi e normative che sono poste a tutela non del medico bensì del paziente che deve avere la certezza di ricevere un’adeguata risposta sanitaria alle sue esigenze in termini di competenza, aggiornamento e formazione del professionista che lo prende in carico, che si assume la piena responsabilità del paziente accettando tutti i rischi che una prestazione sanitaria comporta. È su questi punti, in considerazione anche di iniziative analoghe assunte da diverse aziende sanitarie che stanno procedendo all’assunzione di neo laureati abilitati, che sono a chiederLe, nella qualità di Presidente della Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri, un incontro finalizzato alla attivazione del Tavolo permanente FNOMCeO-Regioni previsto dal recente protocollo sottoscritto tra Conferenza Regioni e Province Autonome e FNOMCeO che, a prescindere dai generali intenti di potenziamento della governance della sanità, nel dettaglio richiama una condivisione di iniziative per garantire il fabbisogno con la programmazione “di un adeguato percorso professionale e formativo”. Più che opportuna sarebbe la sensibilizzazione e il coinvolgimento del Ministro della Salute, dr.ssa Giulia Grillo e del Ministro dell’Istruzione, prof. Marco Bussetti su un tema di valenza generale e di specifico interesse dei rispettivi dicasteri.
In tal senso mi appello alle iniziative che Lei vorrà assumere a riguardo”.

Intanto, alle 15:30, Giovanni Leoni, vicepresidente FNOMCeO, sarà in onda in diretta al Tg di La 7 Gold Telepadova per fare il punto della situazione.

Nella serata di oggi, 19 agosto, intervengono le Università di Verona e di Padova. “Il malato è grave, la terapia sbagliata” è la loro diagnosi. “Tutto questo avviene in un quadro nazionale nel quale recentemente è stato finalmente aumentato il numero di posti nelle Scuole di Specializzazione e si è completato il percorso di accreditamento delle stesse Scuole allargando la rete formativa (e quindi il coinvolgimento di strutture e professionisti della Regione non universitari), adottando criteri rigorosi di controllo della qualità della formazione e avviando percorsi di certificazione delle Scuole stesse: percorso di accreditamento che ha visto gli Atenei veneti conseguire risultati di assoluta eccellenza – affermano i Rettori in una nota congiunta – Non possiamo, quindi, che richiedere un confronto immediato con la Regione Veneto per impedire che le delibere già citate si traducano in un abbassamento dei livelli di cura e sicurezza per i pazienti e in un danno per i neolaureati, ossia in una pericolosa caduta dei livelli qualitativi della sanità regionale. Lo spazio per evitare che il detto “a mali estremi, estremi rimedi” si traduca in un danno per il sistema sanitario regionale esiste e va percorso immediatamente. Il nostro appello, come pure quelli degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri del Veneto, del Presidente della FNOMCeO e di numerose sigle sindacali mediche non può rimanere inascoltato” .

Ultimo aggiornamento

20 Agosto 2019, 11:21

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