Il Rapporto Gimbe lancia l’allarme: “Senza un programma, addio al Ssn” (da DoctorNews33 dell’8 giugno 2016)

Data:
13 Giugno 2016

Quasi 25 miliardi di euro sono stati sprecati nella sanità lo scorso anno, circa il 20% del totale della spesa, 112,408 miliardi secondo il consuntivo 2015. Le voci che hanno gravato di più sono l’eccessivo numero di prestazioni inefficaci, inappropriate o troppo costose rispetto ai benefici reali (7,4 mld) e la corruzione, male italico che si annida anche nel Ssn (4,9 mld). Questi i dati di un’indagine della Fondazione Gimbe, illustrati nel Rapporto sulla sostenibilità del Servizio sanitario nazionale 2016-2025, presentato in Senato. Ed è su queste voci che bisogna agire per recuperare risorse da investire nel Ssn, insiste Gimbe, secondo cui solo per alcune categorie di sprechi le istituzioni hanno preso i necessari provvedimenti, almeno a livello normativo. «Nel prossimo decennio, sottolinea Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe, è indispensabile un piano graduale di disinvestimento dagli sprechi, non solo basato su azioni puntuali di spending review, ma che preveda interventi strutturali e organizzativi in grado di eliminarne definitivamente una componente». Attuando questo piano di disinvestimento, stimano gli esperti, è possibile recuperare circa 100 miliardi di euro in 10 anni. Intanto, sono finiti in un buco nero 24,7 miliardi di euro, sottratti a servizi essenziali e innovazione. Di questi «il 30%, circa 7,4 mld – elenca il Rapporto – viene assorbito dal sovrautilizzo di interventi sanitari inefficaci, inappropriati o dai costi elevati rispetto ai benefici reali».

A questi si aggiungono «4,9 mld di euro (20%) erosi da frodi e abusi; 3,2 mld (13%) sprecati nell’acquisto di tecnologie sanitarie, farmaci e strumenti medici e di beni e servizi non sanitari, come mense e lavanderie, a costi eccessivi; 3,4 mld (14%) per il sottoutilizzo delle prestazioni, che comporta aggravamento delle condizioni dei pazienti, ricoveri e altri interventi evitabili». Burocrazia, ipertrofia del comparto amministrativo e scarsa diffusione delle tecnologie assorbono circa 2,7 mld (11%) e l’inadeguato coordinamento dell’assistenza 2,9 mld (12%). «Per alcune categorie di sprechi – riconosce la Fondazione Gimbe – le istituzioni stanno andando nella giusta direzione, almeno a livello normativo: piano nazionale anticorruzione, criteri di selezione dei direttori generali, centralizzazione degli acquisti, patto per la sanità digitale. Ma rimangono ancora un lontano miraggio la riorganizzazione integrata tra ospedale e cure primarie e soprattutto il contributo attivo dei professionisti nel definire in maniera condivisa servizi e prestazioni sanitarie da cui disinvestire». In particolare, «quando le evidenze scientifiche non supportano le richieste del paziente, il medico ha il dovere etico di rifiutarle, per contribuire a riformulare l’imperativo socio-culturale “more is better” in “less is more”». Il “piano di salvataggio” del Ssn proposto dalla Fondazione Gimbe, è compatibile con lo status economico del Paese e potenzialmente favorito dal nuovo testo costituzionale che riporta allo Stato competenze fondamentali in materia sanitaria.

«Tuttavia, per una sua efficace attuazione – precisa ancora la Fondazione – la sanità pubblica e più in generale il sistema di welfare devono essere rimessi al centro dell’agenda politica al fine di sintonizzare programmazione finanziaria e sanitaria e attuare le necessarie innovazioni di rottura». «Se vogliamo realmente salvare il Ssn – conclude Cartabellotta – abbiamo poco tempo: dopo aver raccolto per anni inequivocabili evidenze sulle diseguaglianze regionali, sulla scarsa qualità dell’assistenza, sulle iniquità di accesso alle prestazioni e sulla rinuncia dei cittadini alle cure, oggi iniziamo a vedere i primi disastrosi effetti anche sulla mortalità, un dato che dovrebbe muovere senza indugi coscienza sociale e volontà politica».

Rossella Gemma

Ultimo aggiornamento

13 Giugno 2016, 00:02

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