I vari gradi d’inabilità

Data:
18 Aprile 2012

Nei confronti del dirigente medico riconosciuto fisicamente inidoneo, in via permanente, allo svolgimento delle funzioni attribuitegli, l’Azienda sanitaria, deve esperire ogni utile tentativo per recuperarlo al servizio attivo.
La disposizione espressa nel contratto di lavoro per la Dirigenza medica, 1994/97, e ancor valida, obbliga l’Azienda ad accertare, tramite il collegio medico legale, dell’Asl competente per territorio, quali attività il dirigente, in relazione alla disciplina o area di appartenenza, sia in grado di svolgere senza che ciò comporti cambiamento delle medesime.
Qualora non si rinvengano incarichi ai quali il dirigente possa essere adibito, lo stesso, a domanda, può essere assegnato ad altro incarico, anche di graduazione inferiore a quello di provenienza, compatibile con lo stato di salute.
Solamente qualora, non sussistono le effettive condizioni per procedere alla nuova assegnazione si fa luogo alla risoluzione del rapporto di lavoro.
Le soluzioni previdenziali che si presentano al sanitario sono diverse e presuppongono anche condizioni e requisiti differenti, ma si configurano tutte quali "pensioni d’inabilità".
La pensione diretta di inabilità consiste nel trattamento di pensione erogato all’iscritto che , in possesso dei limiti minimi previsti dalla legge, sia cessato dal servizio perché divenuto inabile al lavoro.
Si distinguono due tipologie di cessazione dal servizio per inabilità: Inabilità assoluta e permanente a qualsiasi proficuo lavoro – Inabilità assoluta e permanente alle mansioni svolte. In questo secondo caso, una volta accertata l’inabilità alle mansioni da parte dei collegi medici istituiti presso le Asl, gli enti sono obbligati come sopra accennato, ad esperire tutte le necessarie indagini al fine di impiegare i dipendenti interessati in altre mansioni, anche di livello inferiore. In tale evenienza, pochè l’inabilità è chiaramente limitata al tipo d’attività espletata, il soggetto conseguirà il diritto alla pensione, soltanto nel caso in cui il medesimo non può essere adibito a mansioni alternative.
L’iscritto che cessa dal servizio, per sopravvenuto stato di inabilità al lavoro, consegue, indipendentemente dall’età anagrafica posseduta, il diritto al trattamento di pensione se in possesso di : 14 anni, 11 mesi e 16 giorni di servizio utile, per inabilità assoluta e permanente a qualsiasi proficuo lavoro; 19 anni 11 mesi e 16 giorni di servizio utile, per inabilità assoluta e permanente alle mansioni svolte.
Per ottenere questo tipo di prestazione si rende necessario allegare alla domanda di pensione la seguente documentazione: verbale di visita medico-collegiale attestante lo status "d’inabilità assoluta e permanente a qualsiasi proficuo lavoro" ovvero "d’inabilità alle mansioni svolte"; delibera di collocamento a riposo per inabilità (nell’ipotesi di collocamento a riposo per inabilità alle mansioni la delibera deve contenere l’attestazione che non è stato possibile impiegare il dipendente in mansione diversa da quella svolta).
Ricordiamo che la visita medico-collegiale deve essere richiesta entro il termine perentorio di un anno dalla cessazione!
Si ricorda che a norma del Codice Civile, trascorsi dieci anni dal collocamento a riposo, i ratei di pensione, non riscossi, cadono in prescrizione.
La prestazione è vitalizia e cessa, quindi, con la morte del pensionato.
Altro trattamento di pensione d’inabilità è stato introdotto solo da pochi anni, per i dipendenti pubblici, a decorrere dal 1° gennaio 1996, nei confronti di chi cessa dal servizio per inabilità assoluta e permanente a "qualsiasi attività lavorativa" non dipendente da causa di servizio. E’ prevista l’erogazione di un trattamento di pensione calcolato sulla base dell’anzianità contributiva maturata, aumentata di un ulteriore periodo compreso tra la decorrenza della pensione ed il compimento dell’età pensionabile.
La richiesta di concessione del trattamento di pensione di inabilità prevede che l’iscritto, indipendentemente dall’età anagrafica, sia in possesso di cinque anni d’anzianità contributiva, di cui almeno tre maturati nell’ultimo quinquennio. La concessione del trattamento pensionistico è subordinata al riconoscimento dello "status" d’inabilità assoluta e permanente a svolgere qualsiasi attività lavorativa (dipendente o autonoma).
A tal riguardo, è importante chiarire che la legge riconosce tale facoltà solo ed esclusivamente all’iscritto cessato dal servizio per infermità non dipendente da causa di servizio.
Il trattamento pensionistico di inabilità è ovviamente incompatibile con lo svolgimento di qualsiasi attività di lavoro dipendente ed autonomo, sia in Italia che all’estero.
Per ottenere questo tipo di prestazione è necessario inoltrare all’ente datore di lavoro (anche in caso di risoluzione del rapporto di lavoro già intervenuta) la seguente documentazione comprendente la domanda, in carta semplice, di concessione del trattamento pensionistico d’inabilità, ed il certificato medico rilasciato dal medico di base (ovvero medico di famiglia), attestante la permanente ed assoluta inabilità a svolgere qualsiasi attività lavorativa.

Pensioni di inabilità

Per inabilità assoluta e permanente a qualsiasi attività lavorativa Anzianità contributiva di 5 anni di cui almeno 3 nell’ultimo quinquennio
Per inabilità assoluta e permanentea qualsiasi proficuo lavoro Anzianità contributiva di 14 anni, 11 mesi e 16 gg.
Per inabilità assoluta e permanente alle mansioni svolte Anzianità contributiva di 19 anni, 11 mesi e 16 gg.

 

Ultimo aggiornamento

16 Luglio 2014, 11:28

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