Farmaci in gravidanza, allarme Usa: poche informazioni sulla sicurezza

Data:
24 Marzo 2013


Oltre il 90% delle donne in gravidanza assume un farmaco, eppure non esistono informazioni basate sull’evidenza di facile comprensione su quali farmaci mettono a rischio il nascituro.
Questo accade negli Stati Uniti, stando a quanto emerge da uno studio dei Centers for disease control and prevention che ha confrontato la coerenza delle informazioni disponibili su internet, strumento cui si rivolge un numero crescente di donne in età fertile, riscontrando che, su 25 siti, non esistono due liste identiche di farmaci indicati come sicuri in gravidanza e che, nel 40% dei casi, non esistono dati di letteratura a sostenerlo.
«Il problema reale» spiega Cheryl Broussard ricercatrice dei Cdc che ha condotto l’indagine «non è se un farmaco sia sicuro in gravidanza o no, ma che questa informazione non sia reperibile».
E nemmeno i bugiardini risolvono la disinformazione, come spiega Antonio Clavenna, ricercatore del Laboratorio per la salute materno infantile dell’Istituto Mario Negri di Milano: «Il problema è anche italiano poiché le schede di prodotto e i foglietti illustrativi non riflettono la disponibilità di dati e sono pensati per tutelare le industrie farmaceutiche dal punto di vista medico-legale ed evitare denunce.
Quindi, gli effetti indesiderati sono una lista di tutto ciò che può capitare e la controindicazione rispetto a gravidanza e allattamento c’è nell’80% dei farmaci indipendentemente dalla presenza di dati.
Negli Stati Uniti, dove è in uso una definizione del rischio in gravidanza per classi, per la maggior parte dei farmaci è indicato che non ci sono sufficienti dati per dire che non esistono rischi».
Dunque una sovrastima dei rischi, «plausibile al momento della registrazione» prosegue l’esperto «quando davvero l’azienda non ha abbastanza dati, ma che dopo cinque anni potrebbero essere disponibili per aggiornare foglietti, etichette e schede di prodotto».
In Italia è stata proposta una revisione della sezione "Gravidanza e allattamento", «ma non si è concretizzata e ancora oggi le donne leggono la controindicazione anche in farmaci di cui è nota la sicurezza».
Visto l’incremento dell’uso di farmaci anche nel primo trimestre, salito del 60%, l’Fda ha programmato un rinnovamento delle etichette e anche l’Ema ha in corso una revisione dei foglietti per renderli più comprensibili che dovrà essere recepita anche in Italia.
Nel frattempo il compito di informare le pazienti viene affidato al medico e al farmacista: «Sono queste due figure» conclude Clavenna «che oggi devono fornire le informazioni aggiornate sui rischi in gravidanza, anche per i farmaci da banco, e valutare, nel caso dei medici, se prescrivere o proseguire un terapia sulla base di un bilancio rischi-benefici che non può precludere dal trimestre di gestazione».

Ultimo aggiornamento

24 Marzo 2013, 04:51

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