Direttiva Balduzzi e omicidio colposo. La Cassazione ritiene il ricorso fondato. Leggi ( da Newsletter FNOMCeO del 27 novembre 2015)

Data:
28 Novembre 2015

Il fatto risale al 3 ottobre 2010, quando il medico in turno di guardia effettua una visita a domicilio nelle prime ore del mattino: diagnostica nel paziente una patologia gastrica anziché un infarto che, senza invio al pronto soccorso, ne causa il decesso in serata. (Leggi la sentenza e il commento a cura di Marcello Fontana-Ufficio Legislativo FNOMCeO).
Segue il processo per omicidio colposo. Con sentenza del 22/10/2012, in sede di giudizio abbreviato, il Gip del Tribunale di Asti stabilisce l’assoluzione: nonostante sussista l’elemento oggettivo del delitto contestato, manca l’elemento soggettivo della colpa perché il medico ha fatto affidamento “sulla diagnosi effettuata pochi giorni prima, durante un ricovero in ospedale con un’analoga sintomatologia, all’esito del quale era stata diagnosticata una sospetta colica addominale”.
Ma la Corte d’Appello di Torino, con sentenza del 7/05/2014, ribalta l’assoluzione pronunciata in primo grado: secondo i PM l’imputato avrebbe dovuto, durante la visita, “effettuare una autonoma valutazione del quadro sintomatologico” del paziente, e non considerare la diagnosi precedente come “vincolante”. Non aver disposto accertamenti e ricovero immediati costituisce dunque, per la Corte d’Appello, atteggiamento “gravemente imprudente ed imperito”. Idoneo a configurare il profilo di colpa nonché la condanna a un anno di reclusione.
Segue il ricorso in Cassazione, in cui il difensore dell’imputato chiede l’applicazione della “Legge Balduzzi” (Legge 189 dell’8/11/2012), e quindi, pochi giorni fa, la sentenza della Cassazione: la n. 45527 del 16/11/2015, che ritiene il ricorso fondato. Premesse della sentenza sono proprio la novità introdotta dall’art. 3 della Balduzzi (secondo cui “L’esercente la professione sanitaria che nello svolgimento della propria attività si attiene a linee guida e buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica non risponde penalmente per colpa lieve”) e l’interpretazione estensiva di tale novità (per cui la rilevanza della colpa lieve viene estesa anche ad addebiti diversi dall’imprudenza). Fatte queste premesse, le motivazioni della Corte d’Appello vengono giudicate “manifestamente illogiche” perché non tengono conto del fatto che “il processo diagnostico parte da un’attività di anamnesi che comprende anche la conoscenza della storia clinica del paziente” (compresa, in questo caso, l’errata diagnosi effettuata in precedenza da terzi) nonché, in definitiva, carenti: la condanna della Corte d’Appello viene così annullata.

S.B

Ultimo aggiornamento

28 Novembre 2015, 18:47

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