Cosa è emerso dal convegno “La gestione del paziente ematologico terminale – ematologi e palliativisti a confronto” svoltosi il 29 settembre 2018 presso la Clinica San Marco a Latina

Data:
30 Settembre 2018

30 settembre 2018

Vi inoltro il comunicato relativo al convegno tenutosi a Latina presso la Clinica San Marco “La gestione del paziente ematologico terminale – ematologi e palliativisti a confronto”
Addetto Stampa
M.Antonietta Romaldetti

COMUNICATO STAMPA  CONVEGNO DEL 29 SETTEMBRE 2018

Sabato 29, nell’Aula Conferenze della Clinica San Marco di Latina, si è tenuto il convegno “La gestione del paziente ematologico terminale – ematologi e palliativisti a confronto”, organizzato dall’ Associazione “Insieme per l’Hospice San Marco”.

La rete locale di cure palliative attualmente presente sul territorio, offre un  modello assistenziale che mette al centro della cura sia la persona malata che la sua famiglia.  La complessità e la variabilità dei bisogni che il nucleo “paziente-famiglia” manifesta, viene ben soddisfatta attraverso setting diversificati (hospice e assistenza domiciliare) costituiti da un’équipe multidisciplinare di operatori che in maniera flessibile, si prende cura di tutti i bisogni espressi ed inespressi del paziente-famiglia, cercando di mantenere o migliorare la loro dignità e qualità di vita.

Il reparto UOC di Ematologia del Goretti di Latina, attraverso il  supporto e il finanziamento  di Latina AIL, l’ Associazione Italiana contro le Leucemie-linfomi e mieloma,  è in grado di garantire ai pazienti ematologici un servizio di cure domiciliari e trasfusionali, assicurando la presenza di medico e di un infermiere per sostenere una trasfusione, ma non riesce ad  affermare la reperibilità medica h24  e  le cure palliative integrate quotidiane di cui necessitano i pazienti ematologici in fase avanzata della malattia.

Ad oggi, i pazienti ematologici terminali sono costretti a dover raggiungere le strutture residenziali per poter effettuare una trasfusione, con un conseguente aggravio della loro qualità di vita.

Durante il convegno sono stati analizzati i vari aspetti per concretizzare l’integrazione tra l’Unità Operativa di Cure Palliative e UOC di Ematologia con trapianto del Goretti di Latina e l’Associazione Italiana contro le leucemie di Latina, la cui   presidente dott.ssa Caterina Allemand, ha precisato che occorre aiutare chi ha bisogno, non apparire ma fare.

Hanno moderato il prof.  Giuseppe Cimino, Primario del Reparto di Ematologia dell’ospedale Goretti, e il dr. Domenico Russo, responsabile dell’Unità Operativa di Cure Palliative della Clinica San Marco.

Il dr. Belardino Rossi, medico legale, Direttore Sanitario Asl di Latina,ha spiegato l’importanza di tutelare il paziente ematologico terminale, garantendogli la permanenza presso il proprio domicilio, riducendone così    gli accessi alle  strutture, con un notevole abbattimento dei costi per il trasferimento nelle strutture assistenziali, ogni volta che il malato  deve poter effettuare le trasfusioni di cui necessita, facilitandone   la percezione di miglioramento della qualità di vita.

Il medico, valutando le condizioni del paziente terminale, stabilisce se è opportuno o meno praticare una trasfusione” – ha evidenziatoLa dott.ssa Eleonora Papuzzo, medico palliativista. Occorre sempre informare il paziente terminale e la sua famiglia, che la trasfusione non è un salvavita, ma che serve a migliorare la sua sintomatologia.

L’infermiere case manager è il tessitore di legami – ha dichiarato ladott.ssa Michela Guarda, dirigente infermieristico Unità Operativa Cure Palliative Hospice San Marco, sottolineando l’importanza di integrazione tra le due equipe mediche di ematologia e medici palliativisti. L’ematologia fornisce tutte le informazioni necessarie sul paziente al momento della prese in incarico da parte dell’equipe multidisciplinare dell’Unità di cure palliative.

La trasfusione domiciliare deve fornire al paziente la stessa sicurezza, seguendo le stesse regolamentazioni di quelle praticate nella  struttura, ha proseguito la dott.ssa Raffaella Marzano, Dirigente medico – UOC Servizio di Immunoematologia e Medicina Trasfusionale di Latina.

La consulenza per accedere alle cure palliative del paziente ematologico terminale, deve essere precoce – ha affermato Il dr. Claudio Cartoni Unità Cure Palliative e domiciliari UOC ematologia del Policlinico Umberto I° di Roma, evitando che la presa in incarico da parte del medico palliativista risulti tardiva per il paziente stesso.

Occorre innanzitutto valutare le condizioni cliniche e il rapporto costo/beneficio prima di praticare una trasfusione ad un paziente terminale – ha spiegato la dott.ssa Alessia Massicci, medico palliativista presso Unità Operativa Cure Palliative Hospice San Marco, – sottolineando quanto l’astensione dall’effettuare la trasfusione resti una scelta difficile.

Decidere la somministrazione o ridurre la frequenza di trasfusione di emazie (cellule presenti nei globuli rossi che hanno il ruolo fondamentale di  fornire ossigeno e ripulire il sangue – ndr) ha precisato il  dr. Daniele Armiento, dirigente medico Policlinico  Campus Biomedico di Roma,   in un paziente ematologico terminale, resta un tema  complesso che necessita di ulteriori approfondimenti e studi da parte dei medici prima di praticare una trasfusione, al fine di fronteggiare la meglio una riduzione di eventi avversi.

Sintomo cardine per un malato oncologico è l’anemia, poterne migliorare i valori, ha ribadito la dott.ssa Marta Ceccacci, medico palliativista presso Unità Operativa Cure Palliative Hospice San Marco, equivale a migliorare la qualità di vita del paziente terminale.

Il paziente ematologico è diverso da quello oncologico – ha precisato il dr. Sergio Mecarocci, ematologo dell’Unità operativa di cure palliative e UOC di ematologia con trapianto del Goretti di Latina, poiché diverse sono le patologie. Il trattamento di terapie antitumorali richiedono spesso trasfusioni di sangue o dei suoi componenti. Prima di praticare una trasfusione, occorre capire quali tra questi componenti del sangue occorre dover trasferire al paziente (piastrine, globuli rossi, globuli bianchi).

Occorre un’attenta valutazione caso per caso, prima di poter effettuare una trasfusione di piastrine, ad un paziente ematologico terminale, ha evidenziato la dott.ssa Federica Zoratto, oncologo Dipartimento di Medicina Molecolare dell’Unità operativa di cure palliative e UOC di ematologia con trapianto del Goretti di Latina, fornendo una corretta informazione e formazione ai familiari del paziente.

L’obiettivo dunque è quello di poter gestire a domicilio il paziente ematologico terminale, valutando sulla base del quadro clinico del paziente, calcolando quanto sia appropriato o meno praticargli una trasfusione – ha precisato il dr. Claudio Cartoni.

La dott.ssa Chiara Venditti, medico palliativista presso Unità Operativa Cure Palliative Hospice San Marco e la dott.ssa Simona Tomassini, ematologo dell’Unità Operativa di Cure Palliative e UOC di Ematologia con trapianto del Goretti di Latina, hanno relazionato sulla loro esperienza di lavorativa di integrazione, portando a conoscenza alcuni casi di pazienti terminali a cui praticare una trasfusione è stato il mezzo fondamentale  per poter raggiungere un loro traguardo personale, quale festeggiare l’anniversario di matrimonio o portare al parco i suoi bambini.

Infine il prof.  Giuseppe Cimino, ha voluto sottolineare l’importanza di poter lavorare in stretta sintonia tra i medici del reparto di Ematologia del Goretti e l’equipe di medici palliativisti.  “Medici che devono prendere decisioni difficili su poche evidenti certezze” ha precisato il dr. Domenico Russo.

 

 

Ultimo aggiornamento

11 Giugno 2019, 23:34

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