CONSENSO INFORMATO

Data:
28 Dicembre 2008

 
La Cassazione a Sezioni unite (chiamata a pronunciarsi per sentenze difformi delle singole sezioni) ha stabilito che se l’intervento è andato bene in quanto il medico ha agito con perizia e facendo tutto il possibile, il non aver acquisito il consenso informato non ravvisa il reato di violenza privata o lesioni personali. Al contrario il dissenso espresso dal paziente nel qual caso il medico non deve procedere ad alcun intervento invasivo diagnostico-terapeutico.
Il dispositivo della sentenza non è ancora stato pubblicato.

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Ricordiamo la news del 1 novembre 2008 sull’argomento

Consenso informato: i dubbi della Cassazione
Sab, 01/11/2008

 
La Quinta sezione penale della Corte di Cassazione si è trovata ad affrontare un caso spinoso che non è riuscita a risolvere. La fattispecie riguarda una paziente sottoposta a laparoscopia operativa e, senza interruzione di continuità, a salpingectomia che determinò l’asportazione della tuba sinistra. L’intervento demolitorio risultò essere stata una scelta corretta ed obbligata, eseguito nel rispetto della lex artis e con competenza superiore alla media, ma senza il consenso validamente prestato dalla paziente, informata soltanto della laparoscopia. I giudici di merito ritennero il medico responsabile del reato di violenza privata per aver agito senza il consenso della paziente, ma la sezione della Suprema Corte ha preso atto che negli anni si è formata una giurisprudenza discordante sulla materia. Da un lato ci sono sentenze che sostengono la tesi del consenso del paziente quale indefettibile presupposto di liceità del trattamento medico, sicché la mancanza del consenso del malato determina l’arbitrarietà del trattamento medico e la sua rilevanza penale a prescindere dal suo esito. Viceversa, ci sono anche sentenze che sostengono la tesi opposta, ossia quella secondo cui, in ambito giuridico e penalistico in particolare, la volontà del paziente svolge un ruolo decisivo solamente quando sia espressa in forma negativa, essendo il medico legittimato a sottoporre il paziente affidato alle sue cure al trattamento terapeutico che giudica necessario alla salvaguardia della salute dello stesso anche in assenza di un esplicito consenso. Di fronte a questo evidente contrasto nella giurisprudenza sul consenso informato, la quinta sezione penale della Corte ha ritenuto opportuno non pronunciarsi sul caso concreto e rimettere gli atti alle Sezioni Unite della Suprema Corte, per ottenere un indirizzo interpretativo univoco a garanzia della nomofilachia.

 

Ultimo aggiornamento

28 Dicembre 2008, 08:35

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CONSENSO INFORMATO

Data:
19 Dicembre 2007

Responsabilità medica – Consenso informato – Dissenso sulla trasfusione ematica – Esigenza della trasfusione nel corso dell’intervento

(Cass. Civ., sez. III, 23 febbraio 2007, n. 4211 – Avv. Tiziana Cantarella)

“L’originario dissenso alla trasfusione inizialmente formulato dal paziente con una valutazione altamente probabilistica prima dell’intervento chirurgico da lui accettato non può considerarsi più operante al momento successivo allorchè, nel corso dell’intervento, davanti a un quadro clinico fortemente immutato, si sia prospettato un imminente pericolo di vita, senza più possibilità d’interpello al paziente, non rilevandosi praticabili altri mezzi per salvarlo”.
Nel caso di specie il paziente accetta di venir sottoposto a intervento chirurgico, ma dichiara di non essere disposto alla trasfusione ematica che poi si appalesa indispensabile in sala operatoria: ad avviso della S.C. la condotta dei sanitari nell’effettuare tale mezzo salva-vita appalesatosi necessario nel corso dell’intervento chirurgico è corretta, e dunque nessuna azione risarcitoria può essere avanzata nei loro confronti dal paziente che lamenti l’inottemperanza al dissenso a suo tempo manifestato.
La Cassazione sembra condividere al tesi, diffusa in dottrina, secondo cui nel rapporto d’opera professionale – specie se a carattere delicatissimo qual è un intervento chirurgico – il professionista deve sentirsi libero nella scelta della terapia che si prospetti più opportuna alla guarigione: in particolare, quando è in gioco la vita o la morte di un paziente non in grado di decidere coscientemente del proprio destino, non si possono tenere le mani legate a chirurghi e sanitari.

Ultimo aggiornamento

19 Dicembre 2007, 11:53

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