Certificati di malattia, Inps: in ospedale e Ps il paziente lo deve pretendere (da DoctorNews33 del 4 luglio 2015)

Data:
4 Luglio 2015

Che cos’hanno in comune un medico milanese che alle 21 aspetta nello studio (chiuso) il paziente dimesso dal pronto soccorso, il funzionario sanmarinese che accetta solo il certificato del medico di famiglia se si ammala un lavoratore italiano nella Repubblica, il paziente di Pordenone che esce dall’ospedale dopo una lunga malattia e scopre in busta paga che l’indennità non è stata erogata? Un ospedale che non certifica la malattia. A DoctorNews l’Inps ribadisce che il certificato nelle strutture va rilasciato sempre, anche cartaceo e su carta bianca, e il paziente deve pretenderlo. Quanto alla tesi degli ospedalieri di non avere ancora il software adeguato per la spedizione telematica dei certificati, il Coordinamento generale medico legale dell’Istituto li smentisce: sia le certificazioni durante la degenza sia le visite in Pronto soccorso sono regolate in modo che i dati dei pazienti arrivino sempre all’Istituto di previdenza. «In teoria, per gli ospedali non necessiterebbe nessun software aggiuntivo perché basterebbe collegarsi a SISTEMA-TS, molto difficilmente non funzionante», sottolinea il Coordinamento Inps. Che però conferma la differenza fra la “lenta” attività di reparto e l’attività di Pronto soccorso, caratterizzata da urgenza/ emergenza di risposta al bisogno di salute, per la quale un sotware gestionale ad hoc fa obiettivamente comodo. «In caso di degenza l’obbligo certificativo è diviso in due momenti:

• il primo, non deve essere adempiuto dal medico non trattandosi di certificato ma di “Comunicazione di inizio ricovero” privo di dati sensibili; il lavoratore deve farsi rilasciare l’identificativo di questa comunicazione (PUCIR)

• il secondo momento, questo sì a cura del medico, è al momento della dimissione – che notoriamente non ha alcun carattere di pressante immediatezza – o del trasferimento in altra struttura. In merito, il riferimento sono le specifiche del Ministero dell’Economia per la trasmissione all’Inps dei certificati di malattia, delle comunicazioni di inizio ricovero e dei certificati in sede di dimissione pubblicate il 17/09/2013, Ver. 3.2 (pag. 20 di 51)».

«L’attività del Pronto soccorso, invece, richiederebbe una modulazione organizzativa per contemperare le esigenze cliniche con quelle certificative: ecco perché ci si potrebbe giovare di un software che estraesse gli items utili dai certificati obbligatoriamente già redatti dagli operatori di PS e, precompilando il tutto, riduca a un solo gesto d’invio il compito del medico». I medici ospedalieri affermano poi di non poter certificare sul cartaceo perché il modello OPM non è più nella loro disponibilità. Tuttavia, non è più necessario certificare la malattia su modulario specifico. «Per il cartaceo, basta un foglio intestato della Struttura compilato per diagnosi e prognosi e data di redazione, timbrato e firmato dal medico, e integrato degli altri dati obbligatori a cura dello stesso paziente prima della consegna/spedizione entro due giorni a Inps e a datore di lavoro (in tal ultimo caso, oscurato della diagnosi). Costituisce quindi un’omissione quella di non rilasciare nessun certificato, né telematico né cartaceo; il rilascio del certificato è un obbligo sancito da numerose univoche leggi e dallo stesso codice deontologico, anche perché produttivo di effetti gravi per il paziente – economico e sul rapporto di lavoro» – Inps sottolinea infine che, per le degenze, «è dovere del redattore fornire (e del lavoratore chiedere) il Protocollo Unico della Comunicazione di Inizio Ricovero-PUCIR identificativo del certificato telematico. In caso sussista un impedimento all’invio telematico, il lavoratore deve farsi rilasciare certificato cartaceo ed adempiere alle regole comunemente vigenti nella malattia comune. Tali comportamenti sono chiaramente specificati nelle Circolari emanate dall’Istituto e dal Dipartimento di Funzione Pubblica». E quando si scopre che la busta paga è stata decurtata? Sarà lo stesso Istituto (su richiesta del lavoratore) a valutare volta per volta la “qualità” della malattia/l’urgenza per stabilire se e in che misura potesse essere giustificato un ritardo nell’invio della certificazione, «in tale analisi venendo in rilievo esclusivamente cause di forza maggiore legate allo stato di salute».

Mauro Miserendino

Ultimo aggiornamento

4 Luglio 2015, 07:22

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